Il quotidiano non è privo di storia. Lo testimonia il fatto che la cucina dei Colli Euganei, in apparenza semplice, è onnicomprensiva, frutto di tanti incroci di abitudini, di culture, di popoli. Oltre al legame con gli alimenti reperibili nelle sue terre, ai piatti tradizionali si associano la ciclicità agraria, il calendario religioso, le possibilità economiche di ceto, il gusto, le interferenze dei dominatori – Venezia in particolare – e di altri popoli, creando presenze più o meno lunghe, abbandoni e scomparse, rientri e persistenze. Nelle trattorie, nei ristoranti, negli agriturismi dei Colli non si mangiano soltanto bigoli in tutte le salse, gnocchi e tagliatelle variamente conditi, polli e carni alle braci. Certo, uno degli elementi costanti è la presenza di ricette legate agli animali della bassa corte: il pollo, la gallina, l’anatra, la faraona, il coniglio, il piccione (torresano compreso), allevati in modo razionale già dall’epoca carolingia, con una identità precisa nell’organizzazione benedettina – assai presente – e veneziana, con l’utilizzo da parte dei più anche delle parti meno nobili e delle rigaglie.
L’attuale attenzione per il tipico, che non coincide necessariamente con il semplice, ha fatto riscoprire un utilizzo in parte rinnovato dei prodotti locali, un ritorno ai sapori della propria cultura che tiene conto delle materie prime del territorio e anche della memoria collettiva, oltre che del gusto e della domanda dei consumatori. |
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